La Legge razziale sul Cognome

La Legge razziale sul Cognome

La Legge razziale sul Cognome

La Legge del 13 luglio 1939, nota come Legge razziale sul Cognome, rappresenta una delle più oscure pagine della storia italiana del XX secolo. Tale provvedimento legislativo, emanato durante il periodo del fascismo, si propose di definire le modalità per il cambio del cognome, al fine di evitare l’identificazione di individui di origini ebraiche.

La persecuzione e la detenzione delle persone aventi cognomi ebraici rappresentavano un triste e concreto risvolto delle politiche discriminatorie del regime. La richiesta di modifica del cognome giungeva soprattutto dai cittadini che, pur essendo stati convertiti al cristianesimo, conservavano un cognome di origine ebraica.

La selezione e la catalogazione degli ebrei si basavano principalmente sul cognome, con numerose liste di cognomi ritenuti di origine ebraica già in circolazione. I soggetti ritenuti appartenenti a questa categoria erano, di conseguenza, soggetti a restrizioni della loro libertà personale e civile, venendo ghettizzati e discriminati rispetto ai cittadini italiani.

In questo contesto, la Legge razziale sul Cognome rappresentò uno strumento di controllo e repressione nei confronti di individui ritenuti diversi dalla maggioranza etnica del paese. Una pagina drammatica e vergognosa che ancora oggi rappresenta una ferita aperta nella memoria storica dell’Italia.

La legge del 1939

Vittorio Emanuele III
per Grazia di Dio e per la Volontà della Nazione
Re d’Italia e di Albania
Imperatore d’Etiopia

Il Senato e la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, a mezzo delle loro Commissioni legislative, hanno approvato;
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:

Art. 1. È nulla la condizione che subordina il conseguimento di un’eredità o di un legato alla appartenenza del beneficato alla religione israelitica o che priva questi dell’eredità o del legato nel caso di abbandono della religione medesima.
Questa disposizione non si applica ai nati da genitori appartenenti entrambi alla razza ebraica. La predetta nullità ha effetto anche nei riguardi delle successioni aperte prima dell’entrata in vigore della presente legge e per le quali non sia ancora intervenuta convenzione o sentenza definitiva in ordine alla decadenza dell’erede o del legatario.


Art. 2. I cittadini appartenenti alla razza ebraica non discriminati ai termini dell’art. 14 del R. decreto legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, convertito nella legge 5 gennaio 1939-XVII, n. 274, che avessero mutato il proprio cognome in altro che non riveli l’origine ebraica, debbono riprendere l’originario cognome ebraico. Tali cambiamenti possono essere disposti anche d’ufficio.

Art. 3. I cittadini italiani nati da padre ebreo e da madre non appartenente alla razza ebraica, che ai termini dell’art. 8, ultimo comma, del R. decreto legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, non sono considerati di razza ebraica, possono ottenere di sostituire, al loro cognome, quello originario della madre.


Art. 4. I cittadini italiani non appartenenti alla razza ebraica, che abbiano cognomi notoriamente diffusi tra gli appartenenti a detta razza, possono ottenere il cambiamento del loro cognome.


Art. 5. I cambiamenti di cognome, previsti dagli articoli 2, 3, e 4, sono disposti dal Ministro per l’interno, di concerto con quello per la grazia e la giustizia, prescindendo dalla procedura stabilita dal R. decreto 15 novembre 1865, n. 2602, sull’ordinamento dello stato civile e con esenzione, in ogni caso, dalla tassa di concessione governativa.

Quindi, i provvedimenti adottati nei casi di cui agli articoli 2, 3 e 4 sono pubblicati per estratto nella Gazzetta Ufficiale del Regno e nel Foglio annunzi della provincia di residenza del richiedente; contro di essi è ammessa opposizione, da chiunque vi abbia interesse, nel termine di trenta giorni dalla data dell’ultima pubblicazione.

Sull’opposizione, pertanto, decide il Ministro per l’interno, di concerto con il Ministro per la grazia e la giustizia, con provvedimento insindacabile. Se non è stata proposta opposizione nel termine anzidetto, ovvero se l’opposizione è stata respinta, il provvedimento è annotato nei registri dello stato civile e della popolazione.

Art. 6. La presente legge entrerà in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno.

Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Dato a San Rossore, addì 13 luglio 1939-XVII
Vittorio Emanuele
Mussolini, Solmi, Di Revel

Visto il Guardasigilli: Grandi

La Legge razziale sul Cognome, tra le numerose leggi assurde emanate dal regime fascista, rappresentò uno dei provvedimenti più nefasti e discriminatori della storia italiana. Ai sensi della legislazione fascista, venivano classificati come ebrei coloro che erano nati da genitori entrambi ebrei, da un ebreo e da una straniera, da una madre ebrea con paternità ignota, oppure chi, pur avendo un genitore ariano, professava la religione ebraica.

Nel 1939, mediante l’integrazione del Regio decreto del novembre 1938, venne introdotta la figura dell’ebreo arianizzato, il quale veniva sottoposto alle leggi razziali con alcune deroghe e limitazioni.

L’obiettivo della legislazione fascista era quello di definire chiaramente chi potesse essere considerato ebreo e sottoporre tali individui a discriminazioni e restrizioni in tutti gli aspetti della loro vita sociale e civile.

La figura dell’ebreo arianizzato rappresentò una sorta di eccezione alle regole della discriminazione razziale, pur se soggetto a restrizioni e discriminazioni limitate rispetto agli altri ebrei.

In ogni caso, la Legge razziale sul Cognome e le altre leggi razziali fasciste rappresentarono uno dei periodi più bui della storia italiana, un’epoca in cui il governo e la società sottoposero i propri cittadini a un’iniqua e disumana discriminazione basata sull’etnia e la religione.


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